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Il Big Mac sui regimi macro: Il cambio di paradigma del mercato

Il regime macro prevalente, la "paura della Fed", dovrebbe finire nel prossimo futuro. Un allontanamento da questo scenario dovrebbe aprire migliori prospettive in termini di rendimenti obbligazionari, e a nostro avviso potrebbe essere tempo di considerare un aumento dell'esposizione alle obbligazioni.

Con ogni probabilità assisteremo a un cambio di paradigma nei mercati globali. Il regime macro prevalente, la "paura della Fed", dovrebbe finire nel prossimo futuro. Durante la transizione da questo regime, riteniamo che l'attenzione dei mercati si sposterà dalla liquidità alla crescita. Quello della "paura della Fed" è stato lo scenario peggiore per le obbligazioni. Un allontanamento da questo scenario dovrebbe aprire migliori prospettive in termini di rendimenti obbligazionari, e a nostro avviso potrebbe essere tempo di considerare un aumento dell'esposizione alle obbligazioni.

La paura della Fed è finita. Il regime macro "paura della Fed" ha preso piede a fine 2021, quando è emerso chiaramente che si prospettava a breve l'inizio di un ciclo di inasprimento da parte della Federal Reserve. La predominanza di questo regime macro ha avuto conseguenze devastanti per i mercati globali, e molte asset class hanno subito le perdite più consistenti degli ultimi decenni a fronte dei rialzi dei tassi. Allo stesso tempo, gli spread creditizi si sono ampliati e gli asset rischiosi, comprese le azioni, sono stati oggetto di un brusco sell-off (quadrante in alto a destra della Figura 1).1

Inoltre, la correlazione tra obbligazioni e azioni è diventata positiva, compromettendo la proposta di valore dell'obbligazionario come elemento di diversificazione del portafoglio (Figura 2). Oggi però siamo convinti che la predominanza del regime macro caratterizzato dalla paura della Fed abbia i giorni contati, soprattutto perché il ciclo di inasprimenti dell'istituto sta volgendo al termine. A fronte di questa evoluzione del regime macro, ci aspettiamo che la correlazione tra obbligazioni e azioni torni a quella che è stata la norma degli ultimi vent'anni. Dimostra questa ipotesi il fatto che la correlazione a breve termine, che tende a reagire più rapidamente, evidenzia già una correzione al ribasso: la correlazione su 60 giorni mobili tra obbligazioni e azioni in questo momento sta diventando negativa.2 Riteniamo che la correlazione a medio termine (2 anni) illustrata di seguito possa iniziare a scendere nel corso dell'anno.

Il sentiment dovrebbe rafforzarsi. Non c'è motivo di temere la Fed in quanto il ciclo di inasprimento è quasi al termine. Alcuni operatori di mercato parlano di una "pausa" a giugno, nel senso che la banca centrale dovrebbe lasciare invariato il tasso di riferimento, per poi operare un ultimo rialzo a luglio. Altri credono che il ciclo di inasprimento sia già giunto al termine. Comunque sia, la Fed a breve cesserà di avere un ruolo prevalente come driver di mercato globale. In questo momento il mercato sconta un tasso terminale della banca centrale del 5,42% per agosto 2023, il che suggerisce un'ulteriore stretta di 17 punti base rispetto al livello corrente, ovvero si sconta un altro rialzo di quasi 25 pb (Figura 3). La fine del ciclo di inasprimento a nostro avviso contribuirà a sostenere il sentiment degli investitori, e potrebbe normalizzare in una certa misura la volatilità dei tassi grazie alla rimozione della principale fonte della recente volatilità, costituita dal ciclo di politiche monetarie aggressive. Per il momento, la volatilità dei tassi resta alta: l'indice MOVE si colloca a 124, ben sopra la media quinquennale di 77, ma prevediamo che nel prossimo periodo possa registrare una flessione.3

Il paradigma dovrebbe spostarsi dalla liquidità alla crescita. Il regime di "paura della Fed" è stato osservato nel 50% dei casi dal 2022 (Figura 4); lo definiamo un regime con predominanza della liquidità in quanto la liquidità rappresenta il principale driver di mercato. In un regime di questo tipo, gli investitori sono preoccupati in particolare dall'impatto della riduzione della liquidità. Prossimamente riteniamo che l'attenzione dei mercati si sposterà dalla liquidità alla crescita, e che le preoccupazioni per la recessione si affermeranno come principale timore del mercato. Nella categoria caratterizzata dalla predominanza della crescita figurano due regimi distinti: timori per la crescita e dinamica di crescita (Figura 1). Nel regime di "timori per la crescita/di una recessione" i tassi diminuiscono mentre gli spread si ampliano in quanto si sconta un rischio più alto di recessione. All'estremità opposta dello spettro degli scenari di crescita, il regime "dinamica di crescita" è tendenzialmente caratterizzato da tassi più elevati e spread più contenuti. Sarà un possibile esito a medio termine, specialmente se gli Stati Uniti riusciranno a evitare la recessione. Il rischio principale per il nostro scenario è quello di un prolungato orientamento restrittivo da parte della banca centrale, che estenderebbe la paura della Fed, sfociando quasi inevitabilmente in una recessione più profonda.

Siamo probabilmente alla fine del ciclo economico. A nostro avviso, è assai probabile che gli USA entrino in recessione nel prossimo futuro, ma la data in cui gli osservatori prevedono che questa ipotesi si concretizzi si sposta sempre in avanti, in considerazione della resilienza dell'economia statunitense. Se pronosticare una recessione è più un'arte che una scienza, possiamo ragionevolmente prevedere un ingresso in recessione nel quarto trimestre di quest'anno. Stando alle osservazioni preliminari dei dati sull'attività, la recessione negli Stati Uniti dovrebbe essere lieve, in assenza di evidenti squilibri sistemici dei bilanci. Le prospettive di crescita in questo scenario di base sono ancora incerte, ma con rischi in entrambe le direzioni. Non si può escludere un atterraggio morbido, ossia un rallentamento non abbastanza significativo da poter essere considerato una recessione. Tuttavia, se dovessero emergere eccessi finanziari di grande entità, per esempio nell'universo degli asset privati, o in caso di ulteriore aumento dei rischi per la stabilità del sistema finanziario, potrebbe anche profilarsi una recessione grave.

Dal nostro monitoraggio dei rischi emerge un lento scivolamento verso la recessione. Resta ancora una grande disparità tra i segnali di crescita in tutto lo spettro dei leading indicator. I segnali di recessione più allarmanti provengono dai cosiddetti "dati soft", in particolare dalle indagini sul sentiment delle imprese e dei consumatori e sulle condizioni di erogazione di credito. Ciò nonostante, i margini di profitto delle aziende restano alti e il mercato del lavoro è sempre solido, come mostra il basso livello delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione (Figura 5). Inoltre, il nostro Business Cycle Indicator (BCI) al momento segnala il rischio di un grave rallentamento, ma nessun rischio di recessione imminente (Figura 6). In passato, il livello del BCI associato a gravi rischi di recessione era più vicino a -1 che a -0,47.

Il cambio di paradigma del mercato dovrebbe favorire l'obbligazionario. Il regime di "paura della Fed" è stato lo scenario peggiore per le obbligazioni. A nostro avviso, un allontanamento da questo regime potrebbe aprire migliori prospettive di rendimenti obbligazionari. Nello scenario "paura della Fed" si è avuto un aumento sia dei tassi che degli spread, che hanno così contribuito insieme a penalizzare il rendimento totale. Per questo motivo nel 2022 abbiamo osservato rendimenti negativi a due cifre per quasi tutte le asset class obbligazionarie. Per contro, nei regimi dominati dalla crescita, prevedibilmente le oscillazioni degli spread e quelle dei tassi si annullano, per cui si evita un ampliamento del potenziale shock per i rendimenti. Considerando la matrice dei potenziali esiti delle variazioni dei tassi e degli spread del credito investment grade statunitense, si può vedere come il rendimento atteso su un orizzonte temporale di un anno passerà in territorio negativo solo in caso di oscillazioni significative del mercato. Per esempio, nello scenario "timori per la crescita", la stima dei rendimenti a un anno del segmento investment grade statunitense entrerà in territorio negativo solo se la variazione netta dell'andamento combinato dei tassi e degli spread raggiungerà almeno un livello di 90 pb, corrispondente a una ampliamento degli spread di 120 pb con un calo dei tassi di 30 pb, pari a un'oscillazione netta di 90 pb. Benché non possiamo escludere una variazione di questa entità, tendenzialmente essa sarebbe associata a uno scenario di grave recessione. Nel complesso, sulla scia della recente correzione al rialzo dei tassi, riteniamo che la probabilità di realizzare rendimenti negativi nell'obbligazionario sarà più bassa in prospettiva, per effetto del reddito più elevato reso possibile dai rendimenti più alti, che a sua volta avrà per effetto una maggiore protezione dall'eventualità di rendimenti assoluti negativi.

Nel complesso, crediamo che questo possa essere un momento opportuno per considerare di aumentare l'esposizione all'obbligazionario in previsione di questo cambio di paradigma positivo del mercato.

 

 

Note

1 Il diagramma a quattro quadranti descrive i quattro possibili regimi obbligazionari macro sulla base delle variazioni dei tassi e degli spread: paura della Fed, timori per la crescita/di una recessione, quantitative easing, e dinamica di crescita. Nel regime "paura della Fed", per esempio, salgono sia i tassi che gli spread. Nel regime "timori per la crescita", mentre gli spread si ampliano i tassi si abbassano.

2 Fonte: Bloomberg. La correlazione a breve termine si calcola come correlazione mobile su 60 giorni dei rendimenti giornalieri dei Treasury USA e dell'S&P 500 Treasury USA = Bloomberg US Treasury index. I dati al 2 giugno 2023 evidenziano un coefficiente di correlazione di -0,48.

3 Bloomberg. L'indice ICE BofA Move è un indice ponderato per la curva dei rendimenti relativo alla volatilità implicita normalizzata delle opzioni sui Treasury a 1 mese. Si tratta della media ponderata delle volatilità di CT2, CT5, CT10 e CT30. Dati al 2 giugno 2023.

4 Il BCI incorpora le seguenti variabili: le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione (Department of Labor), i permessi di costruzione (US Census Bureau), l'indice di diffusione dei sondaggi sulle previsioni aziendali della Fed di Philadelphia (Philadelphia Fed), le vendite di nuove abitazioni (US Census Bureau), l'indice di fiducia dei consumatori (University of Michigan e Conference Board), l'indice delle aspettative di spesa per investimenti composto dai sondaggi regionali della Fed (New York, Richmond, Dallas, Kansas City, Philadelphia), i nuovi ordini dell'ISM (Institute for Supply Management), le variazioni dei margini di profitto delle imprese (Bureau of Economic Analysis), la crescita degli utili societari (Bureau of Economic Analysis), il livello dei margini di profitto delle imprese (Bureau of Economic Analysis), l'output gap (Congressional Budget Office), il Consumer Price Index USA (Bureau of Labor Statistics), l'Empire State manufacturing survey (New York Fed), il National Association of Home Builders Market Index (NAHB), l'indice NFIB sull'ottimismo delle piccole imprese (NFIB), le costruzioni di nuove abitazioni (Census bureau), il Senior Loan Officer Opinion Survey, Net % of Domestic Respondents Tightening Standards for C&I Loans for Small Firms (Fed), l'ISM manifatturiero (Institute for Supply Management), l'ISM dei servizi (Institute for Supply Management), il Tasso di investimento: gli investimenti fissi in % del PIL - trasformati in serie mensili attraverso l'interpolazione Bureau of Economic Analysis), la Variazione del rapporto di remunerazione. Retribuzione a titolo di reddito personale percepita dai dipendenti in % del PIL. Variazione del rapporto su 12 mesi (Bureau of Economic Analysis), costo del lavoro unitario (Bureau of Labor Statistics).

Fonte: Bloomberg Index Services Limited. BLOOMBERG® è un marchio commerciale e di servizio di Bloomberg Finance L.P. e delle sue collegate (collettivamente "Bloomberg"). Bloomberg o i licenzianti di Bloomberg detengono tutti i diritti di proprietà degli indici Bloomberg. Bloomberg non approva né avvalla il presente materiale, né garantisce la precisione o la completezza delle informazioni ivi contenute, né rilascia alcuna garanzia, espressa o implicita, circa i risultati ottenibili dalle stesse e, nella misura massima consentita dalla legge, non potrà essere ritenuta responsabile di danni derivanti in relazione alle stesse.

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