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La Rinascita della Gestione attiva

Mike Roberge, CEO di MFS, esamina il mutamento delle dinamiche odierne dei mercati, e spiega come i gestori attivi riescano a escludere il rumore di fondo di breve termine e a individuare le leve del valore a lungo termine.

Il 2022 è stato un anno di inflazione. Quasi tutte le banche centrali si sono ritrovate dietro la curva e hanno dovuto implementare politiche restrittive per mettersi al passo. Credo che nel 2023 sia stata riservata maggiore attenzione al ciclo economico. L'inflazione sta lentamente scendendo. Il punto ora è capire se avremo o meno una recessione. Atterraggio morbido o duro? Nel giro di un anno, la narrazione si concentrerà sull'entità del rallentamento della crescita  economica e sulle possibili sembianze del ciclo economico successivo

Cosa potrebbe segnalare la curva dei rendimenti

Il tasso sui Fed Fund si aggira ora sul 5,0-5,25% e il mercato sconta un tasso terminale superiore forse di un altro quarto di punto.1 La Federal Reserve controlla la porzione a breve della curva. I tassi a tre mesi sono leggermente aumentati, ma il mercato controlla i tassi a dieci anni, che si collocano intorno al 3,7%.1 La curva è fortemente invertita. Storicamente, quando la curva dei rendimenti si inverte in questo modo, l'economia rallenta in maniera significativa o entra in recessione. Cionondimeno, i mercati si aspettano una svolta accomodante della Fed nella seconda metà dell'anno. Sebbene l'inflazione sia destinata a scendere nel 2023, ritengo che nel primo semestre potrebbe mantenersi su livelli più elevati di quelli auspicati dalle banche centrali e che, di conseguenza, i tassi ufficiali potrebbero restare alti più a lungo.

L'importanza della gestione attiva

Nonostante i molti segnali di recessione, gli asset rischiosi sembrano pensarla diversamente. Guardando alle previsioni di consenso sugli utili, le aspettative, pur essendo in calo del 2-5%, non sono compatibili con una tipica recessione, che vorrebbe un calo di almeno il 10-30%.2 In un ciclo tradizionale, di solito i mercati azionari toccano un minimo solo dopo gli utili societari. Le aziende stanno suggerendo di essere in grado di proteggere i margini nonostante il probabile rallentamento dell'economia.

Tuttavia, credo che le imprese non sappiano che aspetto assumerà la crescita e, in prospettiva, ritengo che gli utili non abbiano ancora toccato il fondo. Questo ciclo sarà diverso da quello che lo ha preceduto, e creerà un contesto in cui la gestione attiva farà la differenza. Decenni di tassi d'interesse in calo hanno sospinto utili e profitti. La quota del lavoro sul prodotto interno lordo (PIL) è diminuita e gli investimenti sono crollati. Questi fattori hanno contribuito ad accrescere i margini, che restano vicini ai massimi storici. 

Lo scenario degli ultimi 10-12 anni si è invertito. Come ho già detto, l'inflazione sarà più elevata e le banche centrali non saranno in grado di abbassare i tassi come previsto. Forti degli insegnamenti tratti dalla pandemia, le aziende stanno rimpatriando le catene di fornitura, e ciò creerà costi aggiuntivi. Dopo la crisi finanziaria globale, la spesa per investimenti è stata dirottata su dividendi, riacquisti azionari e asset intangibili.3 Oggi in molte aziende l'intensità di capitale è già aumentata per via degli investimenti in impianti e attrezzature. Anche per ridurre l'intensità di carbonio bisogna mettere a frutto più capitale. L'aspetto positivo della spesa per investimenti è che crea un potenziale di crescita nel tempo, e su questa crescita è possibile generare un rendimento. I costi del lavoro sono in aumento, in quanto le aziende mantengono e assumono dipendenti. Gli investimenti nella diversità e nell'uguaglianza della forza lavoro dovrebbero favorire una crescita più giusta e rendere il mondo un posto migliore, ma ciò potrebbe penalizzare i margini. Per tutti questi motivi, ritengo che la situazione sul fronte dei costi aziendali muterà radicalmente e che i picchi dei multipli e dei margini siano ormai acqua passata. Anche in questo caso, si tratta di un contesto in cui la gestione attiva può fare la differenza in quanto riesce a individuare le aziende con un solido posizionamento competitivo, pricing power e cash flow in grado di fornire una parziale protezione degli utili.

Volatilità e dispersione: un'opportunità per i gestori attivi

Veniamo da un contesto in cui le banche centrali hanno azzerato i tassi e soppresso la volatilità. Ogni volta che succedeva qualcosa di brutto, la Fed interveniva e forniva liquidità. Quei tempi sono finiti: oggi si prospetta una volatilità più elevata, che darà luogo a una significativa dispersione e a grandi opportunità per i gestori attivi. Credo che l'era del Beta a buon mercato nella gestione passiva sia ormai alle nostre spalle.4 La differenziazione conta, e avere un vantaggio in termini di orizzonte temporale fa la differenza. Oggi abbiamo un sovraccarico di informazioni, ma siamo affamati di conoscenza. La capacità di escludere il rumore di fondo di breve termine e di individuare le leve del valore a lungo termine è un chiaro vantaggio nelle attuali condizioni di mercato.

Il mercato sta tornando a valutare le aziende sulla base dei cash flow. In retrospettiva, molte società a bassa capitalizzazione – le cosiddette "società zombie" – non hanno prodotto cash flow operativi sufficienti a ripianare i propri debiti. Queste aziende avrebbero dovuto essere estromesse dal sistema, consentendo a quelle più sane di esercitare il loro pricing power. Sono queste le imprese con le maggiori probabilità di successo. È questo che i gestori attivi sono in grado di fare: individuare e investire in queste società per generare rendimenti corretti per il rischio per i clienti.

Asset allocation: il ritorno del 60/40

Negli ultimi anni molti si sono chiesti se avesse ancora senso investire in un tipico portafoglio 60/40 di azioni e obbligazioni. In un'ottica futura, credo che questa opzione sia di nuovo valida. Dal punto di vista degli investimenti, l'attuale contesto è decisamente più favorevole rispetto all'ultimo decennio. La liquidità ha un rendimento. I mercati obbligazionari offrono performance interessanti, anche al netto dell'inflazione. Ora è possibile determinare i premi al rischio su tali tassi e costruire un'asset allocation che resista alla prova del tempo. Quando i tassi erano rasoterra e la volatilità era bassa, questo non era possibile. Oggi ritengo che abbia senso investire nelle obbligazioni societarie investment grade, che offrono un rendimento interessante con uno spread ragionevole per il rischio di credito, e dunque una performance potenzialmente discreta lungo l'intero ciclo. Sebbene le azioni e alcuni dei segmenti obbligazionari più rischiosi possano andare incontro a qualche difficoltà, un solido tasso privo di rischio (tasso dei Treasury), sommato a un premio al rischio azionario del 3-4%, rappresenta un buon rendimento lungo un intero ciclo. Non siamo in grado di prevedere il punto minimo del mercato; se le azioni dovessero sottoperformare per una parte di quest'anno a causa del calo degli utili, ritengo che gli investitori farebbero bene a ribilanciare i portafogli verso un'allocazione 60/40 o un'altra allocazione adeguata. A differenza di un paio di anni fa, oggi gli investitori hanno delle opportunità da cogliere.  

 

Note:

1 Bloomberg e Federal Reserve, al 14 gennaio 2023.

2 FactSet Research, sulla base dei componenti dell'S&P 500.

3 La spesa per investimenti è la somma che un'organizzazione o un'azienda spende per acquistare, manutenere o migliorare le proprie immobilizzazioni, come edifici, attrezzature o terreni.

4 Il Beta misura la volatilità di un portafoglio rispetto al mercato nel suo complesso. Un Beta inferiore a 1,0 indica un rischio più contenuto rispetto al mercato; viceversa, un Beta superiore a 1,0 rileva un rischio più elevato in rapporto al mercato. In quanto misura del rischio, risulta maggiormente affidabile laddove le fluttuazioni dei rendimenti del portafoglio presentano una forte correlazione con l'andamento dei rendimenti evidenziato dall'indice scelto per rappresentare il mercato.

 

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